giovedì 31 ottobre 2013

Io ci avevo creduto.

Io ci avevo creduto, all’ostetrica del corso preparto.
Cristina, alta, magra, con capello corto brizzolato. Due figli, entrambi oltre i quattro kg, partoriti naturalmente e in posizioni acrobatiche. 

Io. Ci. Avevo. Creduto.

Ma andiamo con ordine. 
Riesco a ottenere un posto all’ambitissimo corso preparto della Mangiagalli di Milano. Non ricordo bene tutti gli incontri. 
So che eravamo una decina di panzone, tra cui spiccava la mia, enorme come quella di un altro paio di mamme, e una pancia minuscola di una ragazza magrissima, che si è presentata più o meno così “Ciao, mi chiamo Ragazzaconpanciapiccola, se mi dite che la pancia è piccola mi incazzo.” 
Se da una parte io ero stufa di sentirmi chiedere se fossero due gemelli, e se fossi sicura sicura di essere al sesto mese e non al nono, lei era stufa di sentire esattamente il contrario. Tra l’altro, poi ha fatto un bambino di 3kg e mezzo, lungo 54 cm. Davvero non ho idea di come facesse a starci in quella pancia.

C’è una mamma ultraquarantenne, circa metà di noi tra i 30 e i 40, le altre – tra cui io – sotto i 30. Tutte al primo figlio. Ad alcuni incontri hanno partecipato i papà, per altri eravamo solo noi. Fortunatamente non ci hanno richiesto di fare disegni psicologici o ca**ate del genere. È stato tutto abbastanza “pratico”.

C’era il bambolotto che somiglia a un neonato, con tanto di peso quasi reale, le ossa del bacino di stoffa per far vedere come si dilatano, le palline da tennis su cui sedersi appoggiandole sotto il perineo “perché è lì che sentirete la spinta” (sì sì, uguale a quella del parto, cerrrto), i tappetoni per fare gli esercizi di respirazione e poi c’eravamo noi, le panzone piene di domande dubbi paure speranze pensieri e piene di.. bambini.

Ci aveva spiegato, Cristina, che sì partorire faceva male, ma dovevamo riuscire a fare il travaglio il più possibile a casa, possibilmente nella vasca di acqua tiepida (dpp delle presenti, dal 15 al 30 agosto), e poi dovevamo chiedere di poter camminare durante il travaglio in ospedale. Nessuno poteva obbligarci a partorire nella posizione “classica”, soprattutto per noi con i bambini presunti grandi.

Aveva anche lanciato la sfida, sicura che noi mamme terrorizzate all’idea di partorire dei cocomeri sopra i 4kg in realtà avremmo sfornato dei bambini del tutto normodimensionati, perché i ginecologi “esagerano sempre”.

Poi ci aveva preparate all’allattamento, al pannolino, alla nanna… cose classiche, insomma. Interessanti, ma non è che con qualche buon libro non si potesse ottenere lo stesso risultato. Il livello umano, la condivisione della situazione però sono stati belle cose.
Con qualche mamma sono rimasta in contatto, qualcuna ha fatto un bel parto, qualcuna meno. 
Una ha fatto il cesareo, una un parto quasi come il mio, poi ci sono io che ho fatto il parto epocale, e perfino una poverina con data presunta del parto il 22 agosto, indotta il 1 settembre che ha partorito all’alba del 3. Un'altra era stata assistita da Sorella, la quale mi ha raccontato che dopo 5 minuti di travaglio invocava il demonio ed era "peggio di me". Della serie nonsonol'unicacagasotto.



Il prossimo corso preparto lo farò solo perché partorirò in un altro ospedale, per guardarmi intorno. Ma sarò moooolto scettica su tutto quello che si dice, soprattutto se sembra troppo ottimistico. 

Nel prossimo post, quello che tutti attendete con ansia. Il parto epocale.

ERRATA CORRIGE: avevo già preparato questi post, e per sbaglio quello sul parto è già pubblicato qui. Facciamo finta che siano in ordine giusto, dai.

martedì 29 ottobre 2013

Quentin Tarantino sarebbe svenuto

Bene, eccoci giunti al parto epocale.

Lettura sconsigliata a chi è particolarmente sensibile, a chi non ha ancora avuto figli, a chi ha paura del dolore fisico, sconsigliatissima a chi è attualmente incinta.

COME LO IMMAGINAVO

Musica zen, io che mormoro durante la contrazione, luce soffusa, certo sì il male - ma sopportabile, Sorella al mio fianco, Cody dall’altra parte con gli occhi lucidi, un fagottino di dimensioni non trascurabili che piange sul mio petto. Possibilmente in vasca.

COME E’ AVVENUTO.

La musica non c’era, durante le contrazioni io sembravo posseduta e tra una contrazione e l’altra.. pure, la luce era quella sparata da sala operatoria, il male era una cosa che mai avrei immaginato, Sorella c’era ed era molto professionale, Cody c’era ma ha rischiato seriamente il collasso, il fagottino era un bisonte e non ha pianto sul mio petto, non subito almeno. Niente vasca, al massimo il lago di sangue-e-cacca splatter che ho creato con l’aiuto di Bibi.


Dunque.


Da brava primipara zen, dieci giorni prima della dpp torno dal mare. Ci ero andata con la valigia pronta, ma ero sicura che il fagiolo sarebbe nato a Milano, sai che figura un domani? “G.S., nato a … Varazze, sa la mamma era in vacanza..”

Torno a ridosso di Ferragosto, giorni in cui è più facile trovare in vendita un cappotto di piume di struzzo che un ambulatorio aperto.
Quindi, fingo un dolore e passo dal pronto soccorso in data 17 agosto. Da lì, Sorella riesce a farmi salire al piano X, dove una sua insegnante, ostetrica vecchia scuola, ma fa il “controllo del bacino”, tecnica che non viene più insegnata (lasciamo per un altro post la mia polemica sull’abuso del parto cesareo) per vedere se le ossa dei fianchi della mamma sono abbastanza larghe da far passare un nano. L’ostetrica F. mi fa spogliare e camminare avanti e indietro su un telo, poi prende un cartoncino sagomato e mi traccia delle linee sulla schiena. “Signora” conclude “il suo bacino è bello largo, non c’è che dire. Ma la sente questa? È la testa del bambino, è enorme” 
(penso) Cosa???? 
“Quindi, se vuole un parto naturale, che le consiglio, venga domattina. È l’ultima possibilità”. Da notare che F. non perderà mai l’autocontrollo e il tono di voce da angioletto zen, nemmeno quando io starò contorcendomi e urlando di dolore.

Leggermente sotto shock, avverto Cody che il giorno dopo non andrà al lavoro. Alle 8 siamo in Mangiagalli, e mi fanno accomodare nel pre parto. Ho vicino una ragazza simpatica, anche lei in attesa di induzione, e facciamo un po’ amicizia. Lei farà un parto quasi normale, ma si scoprirà che non ha il perineo, quindi tra una spinta e l’altra verrà fotografata proprio lì, per i libri di testo medici. Oh God.

Conosco il ginecologo R., un tizio pazzo ma bravissimo. Mi visita, e intanto parla al telefono con l’auricolare. Già la visita è fastidiosa, in più lui intanto si fa pure i fatti suoi… sento un dolore intenso, e mi informa che mi ha fatto lo scollamento.
(penso) grazie di avermelo chiesto. 
Mi mettono il gel, e dicono che da lì a poco potrebbero iniziare le contrazioni. E in effetti, eccole. Chiedo a Cody di portarmi a passeggiare in corridoio, camminare aiuta il dolore. Ogni tanto, mi fermo, e sento una specie di fitta che parte dalla pancia e si propaga in tutto il corpo. Mi appoggio a Cody, respiro. Ce la posso fare. Sorella mi guarda e dice “se riesci a camminare, non sono le contrazioni vere”.

Mangio, e alle 14,30 mi visitano. Sono già di 2.5cm, che brava!

Il mio box sarà il numero 6, e Sorella mi rassicura “la sala parto 6 è quella in cui ho visto i parti più belli, sarà un segno?” [ricordatevi questa frase]
Alle 16 mi portano in sala parto e mi rompono le acque. Sento il liquido caldo che scorre dentro la padella, ostetricaF. mi fa i complimenti perché il liquido è molto bello. Iniziano le contrazioni vere, e fanno più male. Sono a letto, mi dicono che non potrò alzarmi per un’oretta perché mi hanno rotto le acque, e quindi Antani sbidiguda prematurata, e io ubbidisco.
Il dolore è più forte, ma respiro, Cody mi fa coraggio, e resisto. Bibi si muove, credo, e io gli parlo. Viene un’altra ostetrica per la donazione del cordone, ho già i moduli firmati. Mi dice di parlare molto col bambino, di prepararlo a quello che succederà. 
(penso) ma se non so nemmeno io cosa aspettarmi?

Mi attaccano l’ossitocina, e so che farà ancora più male. Resisto un’ora, poi il dolore è insopportabile, sono inchiodata a questo cavolo di letto, la pancia è enorme… non ce la faccio
Chiedo l’epidurale. Me ne pentirò per sempre. Non ricordo lo studente/la studentessa che me l’ha fatta, ma lo immagino come uno che probabilmente in realtà pensava di studiare archeologia. Mi ha fatto più male fare l’epidurale di (quasi) tutto il resto. Come se, con un grosso ago, mi ravanasse dentro la spina dorsale. 
Scoprirò settimane dopo, che mi hanno pure fatto un’epidurale leggera, fuffa, perché “dovevo sentire il bambino che scendeva”. F*ck.
Con l’aiuto di un po’ di droga, va meglio. Perlomeno ho un pochino di tregua tra un dolore forte e l’altro. 
Cody è al mio fianco, mi sostiene. Poverino, ho passato mesi a dirgli che lui doveva mettersi DIETRO il letto, e poi il letto è appoggiato al muro, quindi lui vaga come un’anima in pena tra il lato dove ho la flebo e il lato dove c’è il monitoraggio. Suddetto monitoraggio non funziona molto bene, e tra noi si svolge il seguente dialogo, più di una volta. 
“Ecco, ecco, un’altra contrazione! Fu, fu, fu.. che maleee!” 
“Ma no, amore, il monitor non la registra, sei sicura?” 
“Certo fu fu fu che sono SICURA, fu fu fu,  fa un male boia!” 
“Qui però non si vede.. peccato”.

Entra ostetricaF., con il suo modo di fare da insegnante di yoga. Fisicamente è bassa, tarchiatella, con un viso alla Rosy Bindi e lo stesso taglio di capelli, con frangetta ancora più monastica. “Ecco, signora, adesso facciamo un po’ di esercizio” 
(penso) Cosa cosa cosa? Dovrei alzarmi? Non ce la faccio. No no. 
“Adesso scende dal letto, e Cody la aiuta un po’, va bene?” 
(penso) Ho scelta?

Con Sorella che ci guarda, Cody e io assecondiamo le contrazioni tenendoci per mano, ai lati opposti del letto, e quando arriva il dolore forte ci abbassiamo. Lui mi tiene, io scendo quasi fino a terra. Non sento quasi il male, da tanto sono concentrata a non cadere. Poi cambiamo esercizio. OstetricaF. mi fa fare l’hula hop, esercizio di cui avevo letto sui libri: aiuta a far incanalare correttamente il bambino. Ma non è un movimento normale; ostetricaF mi tiene per i fianchi e mi fa roteare fino quasi a farmi perdere l’equilibrio. Il terzo esercizio si svolge sulla scaletta che serve a salire sul lettino da parto. Seduta sul gradino più alto, con le gambe aperte e le ginocchia piegate (posizione ranocchia, per capirci), quando arriva la contrazione devo scendere fino all’ultimo gradino e spingere un pochino. Tutto con l’aiuto di ostetricaF. Sorella e Cody, seduti dall’altra parte del lettino, ci guardano. Mi sembra un provino di XFactor, e glielo dico. Sorella commenta “Sei spiritosa anche in questi momenti”.

Arriva ginecologoR, mi visita (di nuovo al cellulare) e fa un cenno a ostetricaF. Stacca momentaneamente il cellulare, spinge la mano più in fondo, e fa una manovra nota come “rotazione del bambino”. A me sembra che si stiano spezzando le ossa del bacino, fa un male che mi ottunde la mente; urlo come se mi stesse staccando una gamba. Lui e ostetricaF non perdono l’aplombe. Cody si siede.

Poi non ricordo i dettagli, ma vengo messa in posizione “classica” (sì, quella che NON volevo assolutamente), con le mani attaccate a due maniglie che servono per aiutarti durante la spinta. Cody è con me, e io ho paura, tanta paura. Mentre, credo, inizio a spingere, vedo un gruppo di circa 10 camici bianchi che entra in sala operatoria. Penso “Sto morendo. O sta morendo il bambino”.

Uno di questi camici bianchi si stacca dal gruppo, viene vicino a me, sale sulla scaletta e sfodera il gomito. Penso “Oddio no, la manovra di Kristeller no!” Urlo. Sento Cody che trattiene il fiato. GinecologoR guarda scocciato il collega e sibila “non ancora” il collega si ferma, ad aspettare. GinecologoR mi sta preparando a fare la ventosa. Almeno questa cosa me l’ha detta in anticipo.

Dunque, io fino a quel momento sono stata vista nuda da: i miei genitori, Sorella, Cody. In quel momento ci sono tre persone che mi guardano proprio laggiù, altre sette/dieci che mi guardano da in fondo alla sala, più Sorella e Cody. Meno male che ho il cervello mezzo spento, se no arrossirei.

Presa dal panico, ho un momento di totale black out. Non ricordo nulla, non so quando ho effettivamente iniziato a spingere, non so se mi hanno fatto qualcos’altro. (oltre allo spezzamento del bacino, l’epidurale fatta da un macellaio, lo scollamento e l’infarto dovuto a tutta questa gente che è entrata?)

Ricordo che torno in me perché penso, con molto umorismo, che probabilmente sembro la bambina dell’Esorcista. L’effetto dell’epidurale se n’è bello che andato, io sono sdraiata in posizione da parto, con le gambe aperte, due persone che mi tengono le ginocchia schiacciate contro il petto, ho la schiena inarcata, la testa ribaltata indietro e sento un rumore fastidiosissimo… che mi accorgo essere il mio urlo. 
Un urlo che non saprei riprodurre, che mi esce dalla pancia, dai polmoni, non dalla gola. 

L’ironia vuole che in controtempo rispetto al mio urlo se ne senta un altro provenire dalla sala parto affianco. (Dove una ca-ga-sot-to, mi sia consentito dirlo, sta partorendo il secondo figlio, di 2.7kg.) 

Non ricordo di aver guardato Cody, ma so che è seduto, bianco/verde, e fa il tifo per me. Sorella lo sostiene. 
Il pazzoide di prima riparte in quarta, e stavolta la Kristeller me la fa, urlando “Pancia dura, signora, pancia dura!” 
(Penso) ma non si diceva spinga? GinecologoR sta facendo la terza ventosa a Bibi, laggiù da qualche parte, OstetricaF mi ha fatto il taglio, l’episiotomia, insomma, mi manca solo che chiamino davvero l’esorcista!
Quando ormai Cody sta per svenire, e (saprò dopo) GinecologoR sta dicendo a OstetricaF “Questa è l’ultima spinta, poi si va di cesareo, la sala operatoria è già pronta”, Sorella grida: “LA TESTA!!” 

Cody si riprende, io abbasso lo sguardo e vedo la testa di Bibi. Coperta di ricci neri. E io so il perché. Da lì, è tutto più semplice. In realtà scopro dopo che pure le spalle di Bibi hanno fatto fatica a uscire, ma io non me ne sono accorta. Lo sento scivolare fuori, e me lo ribaltano sulla pancia. 
Niente momento tenero mamma e figlio pelle a pelle, però. Cody e io piangiamo e ci guardiamo. Però di Bibi io vedo solo i piedi. Il cordone viene tagliato di fretta, il Nano portato via da me. Mi chiedo cosa voglia dire, ma sono troppo sconvolta.

Un’altra piccola spinta, e OstetricaF, leggermente scarmigliata ma sempre lieve e tranquilla, solleva soddisfatta la mia placenta.
Poi entra un altro medico, tipo il primario di Cuciologia, per mettermi i punti. Lavora tanto a lungo che Cody mi sente urlare, scocciata: “Allora, lì sotto abbiamo finito?”. Fa fuori tre fili diversi. Praticamente, cuce partendo dai polmoni.
Poi, là, mi mettono del ghiaccio. Mi guardo intorno, e sembra una scena delle Iene. Sangue e qualcos’altro ovunque. Scopro che il Nano, mentre usciva, ha fatto la cacca ovunque.

E finalmente eccolo, il frutto delle mie fatiche erculee: in braccio a Sorella, il bisonte bambino più bello del mondo.

È successo che era un po’ sofferente dopo il parto (ma dai??) quindi lo hanno portato nell’isola pediatrica e gli hanno dato un po’ di ossigeno. Poi bagnetto, pesata, svenimento dell’ostetrica che lo ha pesato, e infine Sorella, prima di portarmelo, si è affacciata al corridoio che divide le sale d’attesa dal reparto per far vedere il bambino ai nonni, da lontano.

Ricordo solo che lo tenevo, che ho provato ad attaccarlo subito al seno e lui ha reagito benissimo.
Ero sudata, sporca, distrutta, ma devo dire che ero felice. Non smettevo di piangere. Una volta ricomposta in qualche modo, e coperta ben bene sotto un telo verde, sono stata portata nel corridoio, dove i nonni hanno potuto vederci, per la prima volta insieme ma divisi.

Ho pensato che non era poi così bellissimo, con la testa piena di bozzi, la faccina gonfia e l’aria decisamente stravolta. 
Poverino, quello che ho vissuto io, lui l’ha vissuto da dentro. Ma l’ho amato subito, di un amore possessivo, forte, grande, invincibile. Ho guardato i suoi occhietti.  

Un secondo, ed ero mamma. 18 agosto 2011, ore 20.43. 

martedì 22 ottobre 2013

Questa gravidanza s’ha da fare

Quindi, si diceva che ero incinta. 
19 dicembre 2010, 18 agosto 2011. 
Tanto durò la gestazione. 

Credo di aver smesso definitivamente di essere triste-disperata-smarrita quando, a febbraio ho avuto una perdita piccola piccola, mentre uscivo dal lavoro. Mi sono spaventata da morire. Ho guidato a 300 all’ora per arrivare a casa e sapere se ne avevo avute ancora, di perdite. E lì ho capito che ormai quel bambino c’era, e sarebbe rimasto. 
Perché volevo che rimanesse.

E allora ho letto millemila libri. Gravidanza, gestazione, parto in acqua, parto naturale, parto senza dolore, la nascita senza traumi per il bambino, il diario della tua gravidanza, fate i bravi 0-3 anni, fate la nanna, fate la pappa, facciamo la nanna, ti faccio la pappa, dormiamo felici, lo yoga post-parto, depressione post-partum come combatterla, forum online e, letteralmente, chi più ne ha più ne metta.

A 18 settimane circa, ho sentito le famose “bollicine” e ho saputo che lui/lei si muoveva.

Alla seconda visita a cui partecipava Cody abbiamo scoperto che era maschio. Ma io lo sapevo già. 
Anche perché in sala d’attesa avevamo pensato che se fosse stata femmina non avevamo uno, un singolo nome che ci trovasse d’accordo. 
Abbiamo visto il pisellino, e Cody ha chiesto quanto era lungo. Capite? La domanda più romantica che un padre abbia mai fatto, altro che lacrime e commozione. Il pazzo ginecologo lo ha pure accontentato. Il Nano aveva 2cm di femore e 1cm di pisello. Cody è uscito dallo studio tutto ringalluzzito e orgoglioso. Calabrian pride.

La pancia cresceva, io sono aumentata il giusto, a fine luglio il pazzo ginecologo ci ha detto che il bambino era già oltre i 3kg e mancava ancora un mese.
Ma io, convinta di tutte le mie teorie formulate da chi non ha avuto figli cazzut stupi  ingenue, pensavo davvero che quando il bambino è pronto, nasce.
 E non pensavo che avrebbe mai raggiunto, che so, i 5 kg. 

C’è un bel video di quei giorni, fatto da Cody. 
Io sto cucinando, con la panzona che mi rallenta i movimenti. Quando lui mi chiede come sta il Nano, io rispondo “Bene, è bello grosso ma ha ancora tempo, speriamo che diventi un bel 4kg e mezzo, e abbia la testa grossa, le spalle larghe e magari nasca a braccia aperte”.

Quando ho rivisto questo video, dopo il parto,  mi sarei picchiata da sola.


Nei prossimi post, il corso pre parto alla Mangiagalli e il big moment della nascita del Nano.

venerdì 18 ottobre 2013

Un secondo dopo l'altro...

Tornare al lavoro dopo le feste natalizie, incinta, senza poterlo dire, sembrava una cosa facile.
Fisicamente non si vedeva ancora nulla, anzi, prima di rimanere incinta avevo con fatica perso 5 kg… che ora avrei rimesso sigh sob. Però, per il momento, ero in forma.

Non avevo calcolato che a gennaio, nelle aziende, si fa l’archivio. Che significava portare 5-6 faldoni per volta in magazzino. 
Cosa che io non potevo fare. Il fagiolo non si era ancora impiantato bene, non potevo fare sforzi. 
Ho finto mal di schiena per una settimana per aiutare la mia povera collega il meno possibile. 
Poi l’ho detto anche in ufficio. Tanti erano contenti, il mio capo scettico, la mia collega moriva dal ridere. Cioè, tu, in sostituzione maternità, rimani incinta a tua volta? Dobbiamo bruciare la sedia su cui lavori!  Dopo il terzo mese l’ho detto a tutti, e sulla mia sedia è stato attaccato il cartello “trono della fertilità. Non sedersi”.

Ho lavorato fino alla fine del settimo mese. Non mi avevano detto quanto sonno si ha in gravidanza, mamma mia. Poi a giugno sono stata a casa, faceva troppo caldo e avevo una panza enorme.
E ormai ero molto, molto molto incinta.
Continua.

giovedì 17 ottobre 2013

La frase di per sé era semplice


Alla famiglia di Mamma: “Divento mamma”

Reazioni
Zia S.: Oddio devo comprare un vestito! (per il matrimonio, ndr). 
Altri: O_o
Nonna Bis A.: silenzio, esce dalla stanza. Rientra con gli occhi lucidi. Mi prende le mani e dice: “A volte mi chiedo cosa sono arrivata a quasi 84 anni a fare, ma in questi momenti capisco per cosa vale la pena vivere così a lungo”. La reazione più bella di tutte.

Alla famiglia di Papà: “Aspetto un bambino”
Reazioni
Silenzio da varie parti.
Nonna Bis C.: Oddio, da te non me l’aspettavo proprio. Tu, che vai pure in chiesa. (Il silenzio imbarazzato aumenta) Eccola lì, la mia paura più grande. Un macigno che mi aveva buttato addosso mia nonna, quella che in fondo ero sempre stata la preferita in quanto prima nipote. Cosa che avevo sempre odiato, tra l’altro. Poi ho scoperto che era offesa perché ci eravamo già viste una volta, da quando l’avevo saputo, e non gliel’avevo detto prima.

Alle Fantastiche 5: “Ragazze, stasera sono in ritardo..” 
Tutte: commenti e risolini sul mio “ritardo”.. e io, pensando chenonc’ènientedaridere “..perché stavo discutendo con mia mamma sul rischio di guidare incinta. Aspetto un bambino.”. 
N. scoppia a piangere. 
F. mi insulta. 
M. piange pure lei. 
A. e L. sono attonite. 
Alla cena partecipa pure S., attuale marito di F., che avrei preferito non ci fosse. A quella cena mangio pure due fette di salame, eccheccavolo in fondo non sono ancora incinta-incinta, vero? 


All’amica con cui avevo pianto la domenica dopo messa e ad altre due: “Ragazze, io pochi giorni fa ho fatto un test di gravidanza. Era positivo”… sgomento, poi abbracci da tutte e tre. 

S. è abbastanza sconvolta, A. mi salta praticamente in braccio. V. non sa che dire, anche sua sorella è incinta di pochissimo.

A V., amica che nel gruppo aveva dato scandalo prima di me, rimanendo incinta dopo pochi mesi, di uno che noi conoscevamo pure poco e che all’inizio della storia stava ancora con la ex. “Sai, pensavo di fare un regalo speciale a tua figlia, per Natale” “Ma no, che regali, già le fate sempre mille cose, non importa..” “no, io pensavo ad un regalo speciale, tipo.. un cuginetto. Fatto da me. Che è già in arrivo”. V. All’inizio non capisce, poi ha un mezzo svenimento. Ma mi abbraccia forte.

Ad altre amiche, in pizzeria. Faccio l’annuncio.
 T. inizia a piangere di brutto (con le stesse lacrime che due anni dopo le vedrò versare in chiesa, mentre vado all’altare a braccetto con mio padre), C. mi insulta. Letteralmente. Mi ha detto qualcosa tipo “tu sei scema, adesso ti vorrei picchiare” e poi scoppia in lacrime pure lei. Siamo nella pizzeria sotto casa, dove mi conoscono tutti. Il proprietario ci vede ridere e piangere, e porta una bottiglia perché “mi sa che dovete brindare, ragazze, ma non so a che cosa”.

Agli amici di Cody è stato stranissimo dirlo. Eravamo a una festa, li abbiamo radunati e stavo per fare l’annuncio quando M., amico storico di Cody, ci guarda e urla “Evviva, Cinzia è incinta!” E inizia a stringerci la mano alzando il bicchiere. 
Gli altri ridono con lui, tranne T. che lo sa già. 
Noi proviamo a fargli capire che è vero, è proprio quello che stavamo per dire. Il sorriso di M. lentamente si spegne. Ma torna subito, e gli amici brindano per noi.

Lo dico alla regista di teatro, la quale si stupisce che nel 2011 possano ancora accadere queste cose. Reazione comune, che sentirò tante altre volte. 
Durante le vacanze, lo diciamo quasi a tutti.

Intanto, il 23 dicembre il mio costosissimo ginecologo privato riesce a infilarmi nell’ultima visita del giorno. 
E sento che lui, o lei, ha un cuore che batte. Che poi è ovvio. È un essere vivente, la prima cosa che si forma effettivamente è il cuore. 
Cody non c’è, sono con Mamma e Sorella. 
Ecco, lì inizio a diventare effettivamente incinta.

Dirlo a tutti, sentire che il coso ha un cuore, avere a casa una foto grigia con un puntino bianco, iniziare a pensare a cose tipo “devo leggere dei libri sulla gravidanza, devo leggere libri sul parto, dobbiamo trovare dove vivere, non so niente di bambini, anzi forse non mi piacciono neanche molto, ho paura, oddio ma sono davvero incinta?” mi ha fatto iniziare a capire che qualcosa stava cambiando, per sempre. 
Non immaginavo quanto, però.

mercoledì 9 ottobre 2013

Dove mai avrei pensato che succedesse

Nel box di Cody. 
Tra una poltrona vecchia e gli scatoloni con il tavolo da campeggio e il barbecue. In un secchio.

Così ho fatto il mio test di gravidanza.

Questo post potrebbe chiudersi qui, e farebbe già abbastanza ridere.

Era il 19 dicembre, domenica pomeriggio, i miei erano in casa (mia mamma aveva la febbre) e i suoi pure. Dove altro potevamo andare? Quindi. Ho fatto pipì in un secchio, sopra al test, con addosso la giacca, e poi mi sono seduta sulla poltrona ad aspettare. Cody cronometrava i due minuti di attesa. Poi, io non ho voluto guardare. Ho fatto andare lui. E dalla sua faccia, ho capito.

Mi sono alzata e visto quelle due linee fucsia, non rosa. Rosissime. E ho iniziato a indietreggiare come in un film, sussurrando “no… no… no…”. Ecco, un secondo ed ero incinta. Ma porc**%£$&(*!

E poi sono state lacrime, tante lacrime. Ore di lacrime. Seduti in macchina, con Cody, a piangere come due deficienti. Farfugliavo cose a caso, gli ho perfino detto che se lui voleva tirarsene fuori, l’avrei capito. Lui mi ha guardato e mi ha chiesto serio se ero cretina. Premetto che noi da qualche settimana guardavamo, ancora distrattamente, gli annunci delle case in vendita.

La cosa che ho voluto fare dopo è stata andare dai miei. (Lasciamo perdere cosa penso adesso di quella decisione) 
Ho citofonato, e quando mia mamma ha aperto la porta, vedendo la mia faccia da film drammatico ha pensato nell’ordine: Si è lasciata con Cody (poi ha visto entrare Cody dietro di me, distrutto anche lui) – Hanno ucciso qualcuno con la macchina o mi hanno distrutto la macchina (poi ha pensato che in quel caso saremmo stati dai Carabinieri – Cos’hanno combinato???
Mi ha chiesto “Cosa c’è? Sei incinta?”, e io credo di aver annuito.

Reazione di Mamma: darmi una botta sulla spalla dicendo “Eeeeh, che spavento che mi hai fatto prendere!” Mia madre è mitica.

Mia sorella, uscita da camera sua nostra, saltava di gioia all’idea di diventare zia. 
I miei mi hanno chiesto se avevo intenzione di non tenere il bambino, ma non ci pensavo nemmeno. Abbiamo passato un’oretta da loro, ho fatto un altro test di gravidanza, mi sono leggermente calmata, e poi siamo andati dai suoceri. 
I quali sono stati subito felicissimi e ci hanno abbracciati. Abbiamo telefonato subito su skype a Cognato e Cognata, con tanto di spumante da stappare in videochiamata, e abbiamo scoperto che loro avevano espresso come desiderio natalizio che noi facessimo un figlio. Ma che cavolo di desiderio è????

Quella sera abbiamo cenato con entrambe le famiglie a casa dei miei. Mia mamma aveva ancora la febbre, poverina. E ha conosciuto i consuoceri. E anche qui ci starebbe un poverina. Io e Cody stavamo a testa bassa, tenendoci la mano e guardandoci, con gli occhi ancora lucidi di pianto.

Quella sera ho pianto, e ho pianto ancora tanto, ma solo di nascosto. Perché dopo quella sera, mia madre mi aveva presa da parte dicendomi “Tu a questo bambino devi volere bene da subito, hai capito? Se lo tieni, lo devi amare. È una cosa bella, devi volergli bene e dirglielo, che gli vuoi bene”. Aveva ragione. Ma a me veniva comunque da piangere e lo facevo di nascosto.

Durante le feste di Natale l’abbiamo detto a quasi tutti  i parenti che abbiamo visto, e poi a gennaio ho iniziato a dirlo alle amiche.

Nel prossimo post, le reazioni alla mia inaspettatissima gravidanza. 

lunedì 7 ottobre 2013

Mamme alternative

newbasics

Riprendo da MammaMia sul sito del Corriere della Sera.
Non è precisissimo sulle differenze di prezzi, ma il risparmio c'è.

Ma parliamo di me

Udite, udite…

Inizia oggi una serie di piacevolissimi racconti di cui si sentiva la mancanza. La mia gravidanza, il mio parto, i primi tempi con il Nano.

Andiamo con ordine. Cody mi conquista nell’ormai lontano 2007, o io conquisto lui (sì certo, con le mie ben note doti di ammaliatrice…), diciamo che ci siamo trovati. Tutto procede come da film.
Quando ero stata lasciata dal Verme*, il comitato-amiche si era mobilitato per raccogliere i pezzi del mio cuore e di me. 
Cercando di reagire, avevo stilato una lista delle qualità che il “prossimo” o il principe azzurro avrebbero dovuto avere, tassativamente, e che il Verme non aveva. Si partiva da cose facili tipo “saper fare il caffè con la moka” a “non essere il tipo che tradisce” e “cercare una cosa seria, io voglio una famiglia prima o poi”. 
Ecco, i primi mesi con Cody li ho letteralmente passati a fare crocette su quella lista immaginaria. Lui aveva tutte le caratteristiche dell’uomo dei miei sogni.
A onor di cronaca devo dire che ci ha fatti conoscere la mia migliore amica, che gli consigliava di invitarmi a uscire perchè "ha le tette grosse".
Otto mesi dopo esserci baciati per la prima volta, nella 600 di sua madre, blu con una portiera temporaneamente di colore diverso, parcheggiati alle 3 di mattina in viale ***, con il camion della pulizia strade che ci passava di fianco, io sono partita per Forlì.
All’inizio lui non era molto convinto, poi ci siamo abituati alla distanza e al vederci al massimo un paio di weekend al mese. E così sono passati due anni.  
Un giorno caldo e afoso di luglio mio padre è venuto a Forlì con la macchina, e l’abbiamo caricata all’inverosimile, con tutta la mia roba. Tornavo a casa. Mia madre è svenuta, quando ha visto quanta roba dovevamo far rientrare fisicamente nella mia camera (e sotto il letto, e in corridoio, e in bagno…)
Mentre preparavo la tesi (tesi che ho scritto in un annetto, quando ce ne sarebbero voluti almeno due per fare le cose per bene, lo so prof...) ho trovato lavoro, facevo i sottotitoli per il 777 di Televideo. 
In teoria, una figata. In pratica, ero in un’azienda di schiavisti, marito e moglie, che un po’ ci tiranneggiavano e un po’ si menavano. 
A luglio dell’anno dopo, trovo lavoro come sostituzione di una maternità, in un ufficio estero. Finisco la tesi, e il 9 dicembre 2010 mi laureo.
Faccio la festa, a Milano (a Forlì a sentirmi erano venuti solo i miei, Cody e le mie due nonne, nemmeno Sorella c’era perché aveva un esame), e memore della sbronza pazzesca che mi ero presa alla festa della laurea triennale, Sorella passa tutta la sera a togliermi drink dalle mani. 

Otto giorni dopo, è quasi Natale. Canto con il mio coro ad una Messa, e passo tutto il tempo a pensare “Ho questo dubbio, Signore. Non sono incinta, vero? Non è QUESTO che hai in mente per me, vero?”. Non avevo ancora un ritardo, solo il pensiero di aver fatto qualche errore di leggerezza. Colpa della tesi, mi dicevo.

Il 18 dicembre, sabato, Cody va a un matrimonio di amici. Torna tardi, stanco e sbronzo, la domenica mattina io fermo un’amica dopo Messa e scoppio a piangere. Il ciclo doveva venirmi oggi, dov’è?? Oddio oddio mi sa che ho fatto una cavolata! 
Domenica pomeriggio, il grande passo. Con il fiato sospeso, compriamo un test di gravidanza. Lui, ancora in hangover, pensa che io sia pazza, con un giorno di ritardo a buttare 20 euro per un test… ma a me qualcosa non torna.
Dicono che te lo senti, quando sei incinta.
Continua…

*Dicesi Verme amore dell’adolescenza, che hai inutilmente adorato mentre lui pensava ad un’altra, e che quando quest’altra si sposa (non con lui) ti ripesca dal cesto. Dopo quasi un anno di storia, mentre tu sei in Erasmus, lui ti lascia perché ha capito che con te lontana sta meglio che con te vicina. Poi, dopo che ti ha mollata, ti accorgi che in realtà ti ha fatto un favore, e che non era per niente l’uomo dei tuoi sogni. 

Sabato ho dato l’indirizzo del blog a mio padre. Dice che non lo leggerà, perché in fondo è come il mio diario, anche se aperto. Però è orgoglioso di essere stato citato nella homepage.
Mia sorella invece secondo me lo ha letto tutto, si capisce dal numero di visualizzazioni che è aumentato di brutto!

venerdì 4 ottobre 2013

Riflessioni su di me

Per Elena.

Scusa… se ti chiedo sempre così tanto, e se non accetto che tu non sia perfetta.

Perdonami… per tutte le volte in cui ti dico che sei inadeguata. E per i sensi di colpa.

Ti amo… perché sei l’unica che ho, sei speciale e in fondo non te la cavi così male.


Grazie… perché cerchi di migliorarti, di analizzarti, e non molli mai.

giovedì 3 ottobre 2013

Di cambiamenti e di ciuffi

Quando dici che te ne andrai da un posto, è come se fossi già partito.
L’ho sentito quando il mio parroco ha annunciato, a giugno dell’anno scorso, che a settembre don F. non sarebbe più stato nella nostra parrocchia. Da quel momento, lui era andato via.
Era lì, ci parlavo (piangendo), ma era già via. Tra parentesi, se n’è andato a inizio settembre e già il 29 tornava a sposarci.
Ieri ho annunciato in ufficio che il 10 ottobre cambio lavoro, vado da un’altra parte. Un ufficio che forse non sta fallendo, dove la proposta di contratto sembra seria e interessante, dove i diritti dei dipendenti non sono considerati un dono dal cielo del Capo. I colleghi hanno reagito più o meno tutti nello stesso modo: “Peccato che vai via, ma hai fatto bene”. 

E dato che quando dici che andrai via, sei già andato via, da ieri lavorare qui è bellissimo.

Perfino Capo Padre sembra più gentile. La collega “strega”, che dopo una settimana qui mi fece passare la pausa pranzo in lacrime per una scenata che mi aveva fatto dopo una mia telefonata in tedesco, credendo che io stessi “svendendo il nostro prodotto”*, col tempo era già migliorata. Da ieri è simpaticissima, battute, risate, mi scrive cose non prettamente lavorative su Skype, mi ha perfino raccontato delle cose sulla sua vita privata. Le altre colleghe già erano simpatiche, intendiamoci. Ma da ieri è tutto così… così… meglio. E qui svelo la mia identità segreta. L’account di questo blog dice che mi chiamo Cinzia, ma non è il mio vero nome. È come mi chiamava la leggermenteacida collega della contabilità all'inizio, perché quella prima di me si chiamava così.

La collega con cui ho legato di più, R., che sarà quella che decisamente mi mancherà, mi ha pure chiesto “ma cosa lavori ancora?” “…” “Ma stai qui, e cazzeggia, tra poco te ne vai!” Cavolo, lei mi mancherà davvero. Lei ho proposto che se nella nuova azienda ci sarà posto per lei, io me la porto via.

E quindi... un po’ lavoro (con calma, con mooolta calma) e un po’ preparo dei post per il blog.

Per sottolineare ulteriormente il cambiamento, ho tagliato i capelli. Non è proprio una frangia dice il parrucchiere, comunque ho un ciuffo mi sta nell’occhio sinistro la maggior parte del tempo. Il resto del tempo lo fermo con una molletta. Così sembro la sciura Pina, mentre ieri uscita dal parrucchiere mi sentivo una strafiga. Ma, tempo di arrivare al panettiere all’angolo, e la magia del ciuffo mi aveva già abbandonata.

Per finire, ho scoperto un nuovo blog, sempre di una mamma (come sono originale nelle mie letture), e credo proprio che a breve arricchirò il mondo dei blog con del materiale assolutamente inedito e di cui non si trova mai traccia in internet, e cioè racconti del parto e della gravidanza. Che culo, eh? (per chi mi legge, ovvio)

Intanto voglio godermi questi ultimi giorni nel centro di Milano (tra un po’ sarò in periferia, circondata da fabbriche e capannoni) e quindi passerò le pause pranzo tra negozi e McDonald’s (che poi, per fortuna, per un po’ dovrò scordare).





*Era forse la mia seconda settimana in azienda, stavo facendo delle telefonate. Per presentarmi ai vecchi clienti, per provare ad agganciarne di nuovi. Non sapevo ancora molto del (tipo di alimento che vende questa ditta) e quindi ad un potenziale cliente ho elencato i tipi di prodotti che vendevamo. In tedesco. Questo sembra interessato, mi chiede di inviare per email un'offerta. Riattacco, vado da (collegastrega):  "(collegastrega), poi quando puoi mi servirebbe aiuto per un'off..." non faccio in tempo a finire che quella urla "Eh, no, Cinzia! Non va bene così! Tu chiami, ti metti a offrire (nostro prodotto molto richiesto che scarseggia sempre ma io non lo sapevo, avendo appena iniziato). Va che io capisco un po' il tedesco! No no, ti arrangi". Si alza e se ne va, lasciandomi lì davanti alla sua scrivania a sentirmi una cretina.
Se aggiungiamo che io sono un pochino abbastanza parecchio permalosa, capirete che da allora non l'avevo proprio messa sulla lista delle colleghe preferite. E avevo passato la pausa pranzo in lacrime al telefono con Cody e poi con mia mamma. Col tempo ho capito che lei forse voleva solo affermare con me la sua posizione di maschio alfa (ma quando mai io ho cercato di essere un maschio alfa?) e che quando è di cattivo umore diventa proprio... strega.

mercoledì 2 ottobre 2013

I spy with my little eyes

Mi piace prendere la metropolitana. 
La mattina, da circa 6 mesi (e ancora per poco) prendo quella Lilla, la neo-nata milanese. È senza guidatore, davanti ha un vetro per vedere nulla la galleria buia fuori,  le porte si chiudono automaticamente anche se c’è qualcuno in mezzo. Bella la tecnologia intelligente. Le fermate sono a prova di suicidi (linea rossa docet) e misteriosamente dopo le 6 alcune scale mobili risultano “guaste”, e sono spente. Risparmio energetico creativo?
La mattina passa un treno ogni circa 5 minuti, e dopo un po’ ci si accorge che siamo sempre gli stessi, sul treno delle 8.01 (quando sono brava) o delle 8.07 o delle 8.12 (quando sono proprio in ritardo sparato).
Ci sono tre mamme, di cui una sembra davvero la figlia di Fantozzi. Monosopracciglio, capelli crespi, bocca larga e sgraziata. Però sembra simpatica. Parlano sempre dei figli oppure della parrocchia e della famiglia. Per qualche tempo c’è stata una ragazza con un bimbetto magrissimo sul passeggino. Poverina, non la facevano mai passare per mettersi nel posto disabili. Poi non c’è più stata, chissà che fine ha fatto. Adesso ci sono tanti genitori coi bambini e gli zaini, e pure qualche universitario.
Quando cambio linea, si capisce subito chi sta andando al lavoro e chi no. Quelli che camminano belli tranquilli, guardando le pubblicità, di certo non stanno correndo in ufficio. Le migliori sono le signore di mezz’età, rigorosamente in due, con la borsa della palestra sulla spalla. Si piantano sullo stesso gradone della scala mobile a parlare. Stamattina quasi perdo il treno per loro. Mentre le sorpassavo urlando PERMESSOOOOO una mi fa "Ah no, ha ragione signorina, ci dovevamo mettere a destra." Ma se lo sapete, cosa fate, sfidate la pazienza degli altri?
Anche al ritorno, quando invece sono leggermente più rilassata e ho anche più tempo per osservare, trovo spesso le solite facce. C’è un signore bassissimo, vecchino, con una 24ore consunta e gli occhiali spessi, che si mette sempre allo stesso punto della banchina (lo stesso dove mi metto io) ad aspettare il treno. Mi ricorda Mr Magoo. A volte ho incontrato dei ragazzini che si tenevano la mano e limonavano in piedi, che tenerezza. Ci sono quelle che hanno portato i tacchi tutto il giorno e ormai trascinano i piedi, e quelle col trucco ancora perfetto alle 6 di sera. 
Ah, e c’è una ragazza stanca, col trucco colato, che se ha i tacchi trascina i piedi e se ha le ballerine pure, perché quando le mette senza calze poi le vengono le vesciche. Di solito legge.

La scena migliore (leggi più agghiacciante) però l’ho vista un pomeriggio di qualche mese fa.
Nonna 60enne con bambina dall’aria vispa, di circa 5 anni, per mano.

Il treno arriva. La bambina scalpita per avvicinarsi alle porte, ma la nonna la trattiene, ripetendo “dammi la mano, dai la mano alla nonna” con fare nervoso. Il treno si ferma, le persone scendono. La nonna trattiene la nipote. Mentre salgono, la bambina deve aver accennato a mollare la mano della nonna. La vedo girarsi verso la piccola, afferrarle il polso con forza e sibilare “Ho detto non mollarmi la mano! Che ti portano via gli zingari!”. 
Perfino la bambina è rimasta disorientata.
Avrei voluto essere come Paola e dire esattamente quello che pensavo, ma poi ha prevalso un pacifico "fatti i fatti tuoi, cinzia".

martedì 1 ottobre 2013

Le nozze di cotone

Domenica è stata, ufficialmente, un giorno di festa.
Da un anno, infatti, sono la Signora Cody.

Per festeggiare, abbiamo chiesto in prestito ai suoceri il loro camper e, schivando abilmente i vari temporali lombardi, siamo approdati in quel di ProvinciadiMantova per un breve weekend solo noi tre.

Sabato il caro marito mi ha portata a fare 16 km in bici. Un giretto, insomma. L'ultima attività fisica che ricordo di aver fatto è stata il parto. Prima di quella, credo di aver davvero tenuto il mio corpicino sotto sforzo quella volta che stavo arrivando tardi al lavoro, e dato che lavoravo su dei programmi televisivi in diretta, non potevo far aspettare la Rai. E allora ho corsocorsocorso per tutta Cologno fino ad arrivare, stremata, in ufficio.

Dopo un po' mi è venuto in mente che dicono che la fatica, dopo un po' che sei sotto sforzo, scompare magicamente. E allora mi sono messa ad aspettare quel momento magico in cui la fatica sarebbe sparita, lasciando il posto forse ad un piccolo affanno, e lasciandomi soprattutto godere della gita. Lo sto ancora aspettando, quel momento magico. Alla sera non piegavo più le ginocchia, e mi sono addormentata prima di Bibi. E avevo ancora il fiatone.

La sera di sabato, mentre io mi leccavo le ferite e cercavo di evitare che il Nano facesse il bagno nel laghetto del campeggio, con 15° e soprattutto in mezzo alle cacche delle anatre, Cody ha grigliato al barbecue del campeggio.
Di fianco a noi, una famiglia di tre elementi, con bambino di 18 mesi, alle 7 in punto lo metteva a tavola, da solo, prima dei genitori, e la mamma lo imboccava con quello che ho riconosciuto come semolino.
Un'ora dopo, noi davamo al Nano - 25 mesi - la bruschetta al pomodoro e gli insegnavamo a mangiare le costolette con le mani.
Il bello del campeggio è che vedi tante famiglie diverse.

La domenica, a Messa, un coro meraviglioso ha cantato il Panis Angelicus, canto che è stato il clou della cerimonia del nostro matrimonio. La qui presente donna tutta d'un pezzo ha pianto come una deficiente dall'inizio alla fine, commossa. Non vi dico le altre persone come mi guardavano. Anche perché un po' mi asciugavo le lacrime, un po' sgridavo il Nano che tentava di corroere dappertutto e mi chiedeva "Mamma! Ma quello è Gesù! (statua) Ma parla, mamma? Pecché non parla?"

Siamo rientrati a Milano nel pomeriggio. Presa da raptus, ho messo in ordine delle cose che giacevano nell'angolo della cameretta da settimane, tipo le valigie delle vacanze estive e una scatola di miei "ricordi" che mia madre mi ha dato da conservare credo a luglio. 

Il Nano ha imparato a chiedere scusa. E mentre io sistemavo in giro, lui mi scorrazzava tra i piedi con le macchinine ripetendo "Mamma, scuuuusa. sorrisino. Mi peddoni? Io ti peddono"... ad libitum.

Ho trovato un altro blog che mi piace tantissimo, scritto da una che dirige dei cori. Anch'io finalmente torno a cantare. Ecco un pensiero che oggi mi rende felice.